Il Nuovo Mondo: la definitiva conferma della meccanica quantistica

Nel 1935 Erwin Schrödinger introdusse il concetto di intreccio quantistico – o entanglement[1], volendo usare una terminologia più specifica – per descrivere un particolare fenomeno che avviene tra due particelle che interagiscono per un certo periodo tra loro e che successivamente vengono separate: qualora venga sollecitata una delle due in modo da modificarne lo stato, istantaneamente, nella seconda avviene un’analoga sollecitazione, a qualunque distanza si trovi fra loro. Tale fenomeno sembrerebbe violare il principio di località[2] per il quale ciò che accade in un luogo è incapace di influire immediatamente su ciò che accade in un altro.

Albert Einstein, premio Nobel per la fisica nel 1921, benché sia stato tra i primi fisici a fornire importanti contributi alla teoria quantistica, riteneva inaccettabile che una particella potesse influenzarne un’altra istantaneamente e pertanto cercò per anni di dimostrare che la violazione del principio di località fosse solo apparente. Einstein riteneva infatti che il fenomeno dell’entanglement contrastasse con il principio della relatività ristretta da lui stesso enunciato, secondo il quale la velocità della luce (300.000 chilometri al secondo) fosse la massima alla quale qualunque tipo di informazione fosse in grado di viaggiare, principio ribadito nel 1935 con l’enunciazione del paradosso Einstein-Podolski-Rosen per mezzo del quale i tre scienziati cercarono di dimostrare l’incompletezza della fisica quantistica rispetto alla relatività ristretta.

Nel maggio del 1935 la rivista Physical Review pubblicò un articolo intitolato “Può la descrizione quantomeccanica della realtà fisica considerarsi completa?”. In tale occasione venne presentato quello che da quel momento in poi sarà conosciuto come Paradosso EPR, dalle iniziali degli autori Albert Einstein, Boris Podolski e Nathan Rosen; di seguito ne verrà descritta una formulazione più semplice e diretta da parte del loro collega David Bohm, nel 1957.

Il concetto alla base di questo paradosso è che se si prende una particella elementare, priva di spin[3] e la si scinde in due parti, succede che una deve avere uno spin +1/2 e l’altra inevitabilmente uno spin -1/2, al fine di garantire la legge di conservazione dello spin, che deve dare una somma pari a zero: in virtù di ciò, ci si aspetta che, qualora tali particelle vengano mandate in direzioni opposte fino a raggiungere distanze grandissime (a distanze cosmiche, per esempio), lo spin totale resti zero. In pratica, nel momento in cui viene effettuata una misura su una delle due particelle, si determina il collasso della funzione d’onda che ne descrive lo stato quantico, rendendo manifesta una delle sue proprietà come ad esempio lo spin, ma allo stesso esatto momento l’operazione della misura sulla prima particella influenzerà istantaneamente[4] l’altra particella a qualunque distanza essa si trovi dalla prima, la cui funzione d’onda anch’essa collasserà rendendo manifesta la sua proprietà. Chiaramente questo si potrà sapere solo al momento della misurazione, dal momento che prima di essa le due possibilità – per ciascuna delle due particelle – saranno tra loro sovrapposte come osservato da Schrödinger. Si supponga a questo punto di invertire il segno dello spin di una delle due particelle: per garantire la legge di conservazione dello spin essa dovrebbe istantaneamente cambiare il segno del proprio spin. Proprio qui però sorge il paradosso: nel tentativo di garantire il soddisfacimento della legge di conservazione dello spin viene violato il più grande dei pilastri della Teoria della Relatività che afferma che per i segnali è impossibile propagarsi istantaneamente ma solo a una velocità finita, ovvero quella della luce. Il tentativo della seconda particella di cambiare simultaneamente il proprio spin per rispondere al cambio di configurazione dello spin della prima particella genera un evento non-locale, ovvero istantaneo, totalmente imprevisto dalla fisica classica. Il concetto di non-località implica che oggetti distanti sono tra loro collegati in maniera che la fisica classica è incapace di spiegare: attraverso l’intreccio quantistico (o entanglement).

Il significato di tutto questo è che quando due particelle sono intrecciate quantisticamente (entangled) in realtà è scorretto affermare che ci sono due funzioni d’onda che ne descrivano i rispettivi stati, ma esiste una sola funzione d’onda che collassa simultaneamente per entrambe le particelle nel momento in cui ne viene osservata una. La non-località tuttavia, secondo la meccanica quantistica si discosta da interazioni o segnali: essa è istantanea e appare trascendere i limiti del tempo e dello spazio. Ma si tratta davvero di segnali superluminali, come molti si sentono portati a pensare? Oppure è davvero come se le due particelle fossero unite al di là dello spazio che le separa?

È quasi impossibile spiegare il concetto con il linguaggio ordinario, ma, come David Bohm si rese conto con grande profondità nel suo percorso di studi, è richiesta la creazione di un nuovo linguaggio, il quale a sua volta dovrà nascere da un nuovo modo di pensare e di percepire la realtà che consenta una descrizione più completa dell’Universo, che vada oltre quello che i nostri sensi percepiscono nel mondo della causalità. È errato quindi riferirsi a segnali superluminali, ma va riconsiderata la struttura più intima dell’Universo, dove tutto esiste, intimamente legato, al di là del tempo e dello spazio.

Bohm iniziò infatti a sospettare che il motivo per cui le particelle subatomiche restavano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiedesse nel fatto che la loro separazione era un’illusione. Nelle fasi successive della sua vita egli sviluppò e maturò l’idea che, ad un qualche livello di realtà più profonda, tali particelle fossero tutt’altro che entità individuali, ma piuttosto estensioni di uno stesso “organismo” fondamentale, capace di sostituire completamente il concetto di un freddo “meccanismo”, come veniva invece concepito dalla fisica classica nel descrivere interazioni tra oggetti.

John Stewart Bell, un fisico irlandese, nel 1964 suggerì un metodo per verificare chi avesse definitivamente ragione. Il teorema (o disuguaglianza) di Bell, rappresenta una pietra miliare fondamentale nel lento progresso verso una piena comprensione della meccanica quantistica e, in effetti, molti la considerano una delle più importanti scoperte scientifiche del secolo scorso. Il teorema di Bell è una prova matematica, e quello che “prova” è che le predizioni statistiche della teoria quantistica sono corrette, con la conseguenza che alcuni dei nostri concetti derivanti dal comune buon senso sul mondo siano profondamente sbagliati.

Molteplici testi divulgativi che parlano di meccanica quantistica si dilungano ampiamente nel tentativo di dare una spiegazione semplice del Teorema di Bell, in termini diversi da quelli matematici: purtroppo è molto complesso spiegarlo in poche righe ed un lettore poco esperto sulla materia si troverebbe in notevole difficoltà a cercare di comprenderlo. Il teorema di Bell è un po’ criptico sui motivi per cui i concetti comuni sono inadeguati: vi sono parecchie possibilità e ciascuna di esse trova dei sostenitori nel ristretto gruppo di fisici che hanno familiarità con il teorema. Indipendentemente da quale implicazione si desideri abbracciare, il teorema stesso porta all’ineluttabile conclusione che, se le predizioni statistiche della teoria quantistica sono corrette, allora gli abituali concetti riguardo al mondo sono lacunosi. Tale conclusione è estremamente importante perché le predizioni statistiche della meccanica quantistica sono sempre corrette. La meccanica quantistica è La teoria. Essa ha spiegato ogni cosa, dalle particelle subatomiche, ai transistor, all’energia stellare. Nel 1920 i fisici quantistici capirono che i concetti ed i teoremi validi fino a quel momento sarebbero stati inadeguati per descrivere i fenomeni subatomici. Il teorema di Bell in questo senso fu rivoluzionario, in quanto dimostrò che i vecchi concetti e teoremi erano inadeguati anche per descrivere eventi macroscopici, ovvero gli eventi del mondo di tutti i giorni!

Le teorie di Einstein, Podolski e Rosen vennero progressivamente contestate dai loro oppositori, ma si dovette attendere il 1982, con gli esperimenti di Alain Aspect, un fisico dell’Istituto di Ottica dell’Università di Parigi a Orsay, in Francia, che dimostrò definitivamente l’esistenza dell’intreccio quantistico e pertanto l’inconsistenza delle supposizioni di Einstein, eseguendo un esperimento che Bohm aveva solo pensato di fare, confermando di conseguenza le previsioni statistiche della meccanica quantistica.

Per realizzare il suo esperimento Aspect utilizzo un fascio di atomi di calcio che venivano “eccitati” da un laser: ciò costringeva un elettrone di ogni atomo a saltare di due livelli energetici oltre il suo stato fondamentale. Nel momento in tornava a scendere di due livelli energetici, l’elettrone emetteva talvolta una coppia di fotoni quantisticamente correlati. A quel punto i due fotoni venivano separati e lanciati in direzioni opposte verso dei rilevatori lontani, che servivano per verificare il comportamento dei fotoni nel momento in cui, lungo la traiettoria di uno di essi, veniva introdotto casualmente una specie di filtro che ne comportava un cambio di direzione. Il test dimostrò che ogni volta che uno dei due fotoni deviava dal suo percorso a causa del filtro, succedeva che anche l’atro, che si trovava a viaggiare in direzione opposta, effettuava istantaneamente una deviazione. In tal modo venne dimostrata inequivocabilmente l’esistenza del meccanismo dell’entanglement, ovvero un fenomeno non-locale dove due particelle si influenzano a vicenda istantaneamente.

I fenomeni quantistici forniscono prove immediate che le informazioni circolano in modi che risultano estranei ai nostri concetti classici, pertanto l’idea che un’informazione venga trasportata a velocità superluminale è, a priori, tutt’altro che irragionevole. I fisici si sono trovati ineluttabilmente a prendere in considerazione la possibilità, fra le altre, che il trasferimento superluminale di informazioni fra eventi separati spazialmente possa essere un aspetto integrante della nostra realtà fisica. Questo fenomeno può essere correlato al concetto di sincronicità di Carl Gustav Jung.

NOTE:

[1] Dall’Inglese: intreccio, groviglio.
[2] In fisica, il principio di località afferma che per gli oggetti distanti è impossibile avere influenza istantanea l’uno sull’altro: un oggetto è influenzato direttamente solo dalle sue immediate vicinanze. (Wikipedia)
[3] Lo spin è una proprietà intrinseca delle particelle atomiche e rappresenta la caratteristica di rotazione delle particelle elementari.
[4] In questo caso il termine “istantaneamente” assume una valenza superluminale, cioè avviene ad una velocità superiore a quella della luce, che si potrebbe considerare velocità infinita.

BILIOGRAFIA:

  • Al-Khalili, Jim. 2003. A Guide for the Perplexed. London : Weidenfeld & Nicolson Ltd., 2003. Trad. it. La fisica dei perplessi. L’incredibile mondo dei quanti. Torino : Bollati Boringhieri, 2014.
  • Einstein, Albert, Podolsky, Boris e Rosen, Nathan. 1935. Can Quantum-Mechanical Description of Physical Reality Be Considered Complete? 1935, Vol. Physical Review, 47.
  • Lavalle, Mauro. 2019. Fisica quantistica, fisica della vita. Viaggio alla scoperta della struttura della materia, della Biologia e della Psicologia Quantistica. Romagnano al Monte (SA) : BookSprint Edizioni, 2019.
  • Quirantes, Arturo. 2015. Espacio-tiempo cuántico. En busca de una teoría del todo. Barcelona : RBA Contenido Editoriales y Audiovisuales, S.A.U., 2015. Trad. it. Lo spazio-tempo quantistico. Alla ricerca di una teoria del tutto. Milano : RBA Italia S.r.l., 2015.
  • Scolari, Fabio. 2019. Psicologia quantistica. Valutazione critica della sua possibile applicazione in ambito lavorativo. 2019.
  • Teodorani, Massimo. 2006. La fisica dell’infinito. Cesena (FC) : Macro, 2006.
  • Teodorani, Massimo. 2007. L’intreccio nel mondo quantistico: dalla particelle alla conoscenza. Cesena (FC) : Macro, 2007.
  • Zukav, Gary. 1979, 2001. The dancing Wu Li Masters. New York : William Morrow and Company, 1979, 2001. It. La danza dei Maestri Wu Li. La fisica quantistica e la teoria della relatività spiegate senza l’aiuto della matematica. Milano : Garzanti S.r.l., 2015.

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