La diversificazione: una strategia basata sulla competenza

LA DIVERSIFICAZIONE NEGLI INVESTIMENTI FINANZIARI

Il contesto economico odierno è caratterizzato da rendimenti obbligazionari spesso prossimi allo zero e l’investitore moderno non può più affidarsi esclusivamente agli strumenti tradizionali. La necessità di esplorare nuovi orizzonti, anche internazionali, comporta però un’esposizione a molteplici rischi.

Per affrontarli, la strategia da adottare è quella della diversificazione.

Non si tratta solo di un principio moderno: già nel Talmud[1] si suggeriva di suddividere il denaro in tre parti per ridurre il rischio complessivo. Oggi, diversificare significa creare un portafoglio equilibrato, suddiviso tra classi di attività (asset class) differenti come azioni, obbligazioni, liquidità, immobili e materie prime.

Questa ripartizione consente di contenere i danni nei momenti di crisi, senza compromettere il potenziale rendimento a lungo termine. Tuttavia, è fondamentale evitare l’errore di moltiplicare gli strumenti in modo casuale. Una buona diversificazione richiede coerenza con gli obiettivi dell’investitore, un’attenta valutazione della correlazione tra strumenti e una gestione professionale, che va affidata a consulenti esperti.

DIVERSIFICAZIONE AZIENDALE: VANTAGGI E INSIDIE

Per un’impresa, diversificare non significa semplicemente ampliare l’offerta di prodotti, ma anche scegliere in modo strategico come affrontare un mercato in evoluzione. L’obiettivo principale è suddividere il rischio e aumentare le possibilità di profitto. Tuttavia, non tutte le scelte portano ai risultati sperati.

Un caso emblematico è quello di Giacomelli Sport, azienda italiana che negli anni ’90 tentò un’espansione troppo rapida e disorganica. L’acquisizione di una catena specializzata in articoli per ciclisti finì per snaturare l’identità dell’offerta, alienando sia i vecchi che i nuovi clienti. Il risultato fu un fallimento commerciale e finanziario.

Questa vicenda dimostra che ogni operazione di diversificazione richiede una pianificazione rigorosa, che includa valutazioni economiche e analisi del comportamento del consumatore. Diversificare è una scelta strategica, non una semplice reazione alle difficoltà di mercato.

LE DIVERSE FORME DI DIVERSIFICAZIONE SECONDO LA MATRICE DI ANSOFF

La Matrice di Ansoff offre un quadro utile per comprendere le strategie di crescita basate su prodotti e mercati. La diversificazione rappresenta l’opzione più rischiosa, poiché implica l’introduzione di nuovi prodotti in mercati non ancora esplorati. Esistono però diverse modalità per attuarla:

  • la diversificazione orizzontale introduce nuovi prodotti correlati in mercati già conosciuti. È meno rischiosa e permette di sfruttare la clientela esistente.
  • La diversificazione concentrica, invece, mantiene un legame tecnologico o operativo con l’attività principale, pur entrando in settori nuovi.
  • La diversificazione verticale comporta un’integrazione lungo la filiera produttiva, sia verso monte che verso valle.
  • Infine, la diversificazione conglomerale implica l’ingresso in settori completamente estranei all’attività principale.

Ognuna di queste strade comporta vantaggi e rischi diversi, e va scelta in funzione delle risorse disponibili e della visione strategica dell’impresa.

COME ATTUARE UNA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE

Diversificare non è solo una questione di cosa fare, ma anche di come farlo. Esistono tre principali modalità operative: lo sviluppo interno, l’acquisizione e la joint venture.

Lo sviluppo interno consiste nella creazione di nuovi business partendo da zero. È un processo più lento ma consente maggiore controllo. L’acquisizione, al contrario, permette un ingresso rapido in un nuovo settore, acquistando un’impresa già operativa. È una scelta efficace ma costosa. Le joint venture, infine, permettono a più imprese di unire forze e risorse per esplorare nuove opportunità condividendo i rischi.

La scelta del metodo dipende da fattori quali l’urgenza, la disponibilità di capitale, la presenza di barriere all’ingresso e le competenze interne. È essenziale che l’impresa pianifichi attentamente ogni passaggio, definendo obiettivi, risorse e tempistiche.

DIVERSIFICAZIONE CORRELATA E NON CORRELATA

Quando un’impresa decide di diversificare, può scegliere tra due strade principali: la diversificazione correlata e quella non correlata.

Nel primo caso, l’impresa rimane in settori affini alla propria attività principale (core business), sfruttando competenze, tecnologie e canali di distribuzione comuni. Questo approccio è generalmente più sicuro e consente una sinergia tra le diverse attività. Nel secondo caso, invece, si entra in mercati completamente nuovi e distanti, che richiedono risorse specifiche e una gestione più complessa.

La diversificazione non correlata può offrire grandi opportunità, ma comporta rischi maggiori. Per valutare l’efficacia della strategia, l’economista americano Michael Porter propone tre test: l’attrattività del settore, il costo d’ingresso e il cosiddetto better-off test, che verifica se l’azienda trae reali benefici dalla nuova attività. Superare questi test è fondamentale per garantire che la diversificazione non diventi una fonte di dispersione di risorse.

DIVERSIFICARE CON INTELLIGENZA

La diversificazione, sia finanziaria che aziendale, è una leva potente per migliorare stabilità e redditività. Tuttavia, non va mai improvvisata. Richiede un’attenta analisi, una strategia ben definita e una comprensione profonda dei mercati coinvolti.

Spesso, le imprese ottengono i migliori risultati quando concentrano gli sforzi su attività correlate, in grado di generare sinergie. Al contrario, una diversificazione non guidata da una logica coerente può trasformarsi in un peso per l’organizzazione.

In definitiva, la chiave del successo è una pianificazione consapevole, capace di integrare competenze, risorse e visione strategica. Solo così la diversificazione potrà davvero rappresentare un’opportunità di crescita solida e sostenibile.

NOTE:

[1] Uno dei testi sacri dell’ebraismo

FONTI:

 

Il presente articolo è da considerarsi un’opinione personale e non un invito all’acquisto o un’opinione della banca.

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