René Descartes[1], filosofo e matematico francese, ritenuto fondatore della matematica e della filosofia moderna, nel XVII secolo, scartò la possibilità che la mente potesse influenzare le caratteristiche fisiche del corpo, in quanto riteneva che il corpo fisico fosse fatto di materia e la mente di una sostanza indefinita, ovviamente immateriale. Impossibilitato a conoscere la natura della mente, Descartes lasciò ai posteri un dilemma filosofico irresolubile: dato che soltanto la materia può influenzare la materia, come può una mente, immateriale, essere collegata ad un corpo materiale? La mente immaginata da Descartes venne colloquialmente definita “il fantasma dentro la macchina” da Gilbert Ryle nel suo The Concept of Mind. La biomedicina tradizionale, fondata sull’Universo newtoniano solamente materiale, accolse di buon grado la separazione cartesiana tra la mente ed il corpo, visto da un punto di vista medico sarebbe molto più facile aggiustare un corpo-macchina senza dover avere a che fare con il suo ingombrante “fantasma”.
La realtà di un Universo quantico riunisce invece ciò che Descartes aveva separato. La mente (l’energia) nasce da un corpo fisico, proprio come pensava Descartes, tuttavia la nuova comprensione della meccanica dell’Universo permette di capire in che modo il corpo fisico possa venire influenzato dalla mente immateriale. L’energia della mente, i pensieri, influenza direttamente il modo in cui il cervello fisico controlla i processi fisiologici del corpo. L’energia generata dal pensiero è in grado di attivare o di inibire le proteine che attivano le funzioni della cellula per mezzo dei meccanismi dell’interfaccia costruttiva e distruttiva descritti in precedenza.
Fino a pochi anni fa tutti gli studi che coinvolgevano la neurofisiologia e la psicologia sperimentale trascuravano i concetti di mente ed emozioni prendendo invece in esame solo ciò che poteva essere valutato ed osservato. La mente, astratta ed estranea, lasciava prevalentemente il posto all’esame del corpo, unica vera realtà da esaminare, inoltre c’è da constatare che la frattura fra mente e corpo, nonostante le molte scoperte della fisica quantistica, resta ancora prevalente nella medicina occidentale.
Le forme di vita più elevate e più coscienti, hanno goduto di uno sviluppo del cervello con un tale livello di specializzazione da permettere all’intera comunità di sintonizzarsi con lo status dei suoi segnali di regolazione. L’evoluzione del sistema limbico creò un meccanismo particolare in grado di convertire i segnali chimici della comunicazione in sensazioni che potevano essere percepite da tutte le cellule della comunità. La mente conscia quindi, oltre a saper “leggere” il flusso dei segnali di coordinamento cellulare che costituiscono la “mente” del corpo, può anche generare emozioni che si manifestano attraverso la produzione controllata dei segnali di regolazione del sistema nervoso.
Nel medesimo periodo in cui Bruce Lipton studiava la meccanica del “cervello” della cellula e cominciava ad avere delle intuizioni sulle funzioni del cervello umano, gli studi pionieristici di Candace Beebe Pert, neuroscienziata e farmacologa statunitense, direttrice del Centro di biochimica celebrale NIMH[2], scardinarono i rigidi schemi della ricerca attuati fino a quel momento.
Candace Pert ebbe il grande merito di fare specifici studi sull’effetto dell’alterazione degli stati di coscienza e del dolore tramite la somministrazione di droghe, dai quali emerse la presenza di strutture proteiche, dette recettori, all’interno del cervello; queste, specifiche per gli oppiacei, accoglievano le molecole immesse e mediavano una risposta identificabile con gli effetti tipici delle droghe. La scienziata scoprì inoltre che il cervello stesso produceva alcune specifiche tipologie di oppiacei, come la β-endorfina (un tipo di neuropeptide[3]), che agivano a distanze molto elevate poiché si legavano a recettori specifici presenti, oltre che nel cervello, anche in varie parti del corpo: nel suo libro Molecules of Emotion, descrive infatti come il suo studio dei recettori processori di informazioni, situati all’interno delle membrane cellulari dei nervi, l’avesse portata a scoprire che gli stessi recettori “neurali” erano presenti in molte, o in tutte, le cellule del corpo. I suoi eleganti esperimenti dimostrarono che la “mente” è localizzata in tutto il corpo attraverso le molecole-segnale. Fatto ancora più importante, i suoi studi rivelarono che le emozioni oltre ad essere generate da un feedback del corpo in risposta alle informazioni ambientali, attraverso l’auto-coscienza la mente poteva usare il cervello per generare vere e proprie “molecole di emozione” scavalcando il sistema.
Per le neuroscienze, e come descritto nel circuito di Papez[4], le emozioni sono prodotte dal sistema limbico del cervello, dove si trova una quantità di recettori per i neuropeptidi addirittura quaranta volte superiore al resto delle aree cerebrali. Con il proseguire delle ricerche si scoprì che una grande fonte di neuropeptidi è rappresentata dagli ormoni[5], i recettori dei quali sono presenti sia nelle ghiandole che li secernono sia nel sistema limbico. La funzione della maggior parte di questi neuropeptidi è quella di ridurre gli stati alterati di coscienza.
Candace Pert scoprì anche che il sistema limbico, deputato alle emozioni, è anche il punto di maggior concentrazione dei recettori per i neuropeptidi e che i neuropeptidi controllavano la trasmissione delle informazioni attraverso l’intero organismo producendo alterazioni degli stati di coscienza e mettendo in luce stati d’animo differenti. Sono i neuropeptidi e i loro recettori specifici a consentire il dialogo che avviene tra conscio e inconscio; il cervello pertanto è un organo perfettamente integrato con il resto del corpo a livello molecolare tramite una rete di comunicazione rappresentata dalla mente. I neuropeptidi vengono quindi considerati i veri responsabili della biochimica delle emozioni.
Precedentemente la scienza aveva sempre approcciato il sistema ormonale, il sistema immunitario ed il sistema nervoso come entità separate tra loro. Gli studi di Candace Pert portarono invece a scoprire che nei linfociti erano presenti recettori specifici per i vari neuropeptidi e che tali cellule potevano produrre neuropeptidi come le β-endorfine. I linfociti[6] sono responsabili del riconoscimento e della digestione dei corpi estranei, della guarigione e della riparazione dei tessuti e della distinzione tra io e non-io: bisogna dunque ipotizzare che proprio i neuropeptidi, responsabili degli stati emozionali, gestiscano e controllino anche percorsi dei linfociti. In sintesi, quindi, le emozioni vengono decodificate dall’ipotalamo in uno specifico neuropeptide che viene immesso nel sangue dalla ghiandola dell’ipofisi e raggiunge le proteine recettori di tutte le cellule del nostro corpo.
La principale scoperta di Candace Pert fu proprio l’unità, quindi il collegamento diretto tra cervello, sistema ormonale e sistema immunitario i quali comunicano tra loro grazie ai neuropeptidi (componenti che parlano) e dai recettori dei neuropeptidi (componenti che ascoltano) componendo una vera e propria rete collaborativa, la cui presenza produce un flusso di informazioni che scorre in tutto l’organismo, provando come il corpo sia la manifestazione della mente nel piano fisico e che proprio per merito di tale rete, attraverso i neuropeptidi, si esprimono e percepiscono le emozioni sia nel cervello che nel corpo. Diventa pertanto obsoleto discernere il corpo dalla mente, e subentra un più consono concetto olistico[7], dove l’organismo biologico viene considerato come un’unità-totalità inesprimibile con il semplice insieme delle parti che lo costituiscono.
Un’ulteriore scoperta dovuta alle ricerche di Candace Pert è quella dell’importanza delle emozioni al fine di mantenere in salute il nostro organismo: stress, malattie, uno stato mentale negativo provocano dei blocchi nel flusso naturale delle informazioni che viaggiano costantemente lungo la rete collaborativa e sono determinati dalla difficoltà con cui le cellule del corpo rilasciano neuropeptidi. Tali interruzioni nella trasmissione dei segnali che regolano la biologia corporea provocano ineluttabilmente disturbi fisici e mentali. A seguito di tali scoperte si può intuire che se un uso appropriato della consapevolezza può ridare la salute ad un corpo malato, una gestione inconscia e inappropriata delle emozioni può far ammalare un corpo sano. Le cellule del corpo riescono a comunicare tra loro attraverso un linguaggio mediato dai neuropeptidi che permette loro di collaborare costantemente, realizzando, tramite l’energia della rete collaborativa, un sistema intelligente dotato di una “mente” comune.
NOTE:
[1] In Italia è conosciuto come Renato Cartesio o, semplicemente, Cartesio.
[2] National Institute for Mental Health, a Bethesda nel Maryland (Stati Uniti).
[3] I neuropeptidi fanno parte della categoria dei neurotrasmettitori, ovvero sono delle sostanze liberate dai neuroni a livello sinaptico che espletano la propria funzione su un neurone o un organo effettore. Essi sono sintetizzati nel neurone e si trovano nella terminazione sinaptica; sono liberati in quantità sufficiente per esercitare l’azione eccitatoria su un neurone postsinaptico.
[4] Il circuito di Papez indica l’asse corteccia cerebrale-ipotalamo-talamo-corteccia, descritto nel 1937 dal neuroanatomista statunitense James Papez, secondo il quale tale percorso intracerebrale è implicato nelle funzioni dell’emozione e della memoria.
[5] Un ormone (dal greoa όρμάω – mettere in movimento) è un messaggero chimico che trasmette segnali da una cellula (o un gruppo di cellule) a un’altra cellula (o altro gruppo di cellule). Tale sostanza è prodotta da un organismo con il compito di modularne il metabolismo e/o l’attività di tessuti e organi dell’organismo stesso. (Wikipedia)
[6] I linfociti sono le cellule che costituiscono il sistema immunitario; essi sono in grado di generare e modificare gli anticorpi che in futuro riconosceranno gli antigeni. (Wikipedia)
[7] L’olismo (dal greco ὅλος hòlos, totale, globale) è una posizione teorica basata sull’idea che sia impossibile spiegare le proprietà di un sistema esclusivamente tramite le sue singole componenti in quanto, dal punto di vista olistico, la sommatoria funzionale delle parti è sempre maggiore/differente dalla somma delle prestazioni delle parti prese singolarmente. (Wikipedia)
BIBLIOGRAFIA:
- Lavalle, Mauro. 2019. Fisica quantistica, fisica della vita. Viaggio alla scoperta della struttura della materia, della Biologia e della Psicologia Quantistica. Romagnano al Monte (SA) : BookSprint Edizioni, 2019.
- Lipton, Bruce H. 2005. The Biology of Belief. Unleashing the Power of Consciousness, Matter & Miracles. Carlsbad : Hay House, Inc., 2005. Trad. it. La biologia delle credenze. Come il pensiero influenza il DNA e ogni cellula. Cesena : Macro Edizioni, 2006.
- Pert, Candace B. 1997. Molecules of Emotion. New York (US) : Simon & Schuster, 1997. It. Molecole di emozioni. Perché sentiamo quel che sentiamo? Milano : TEA S.r.l., 2015.
- Ryle, Gilbert. 1949. The Concept of Mind. Chicago (US) : University of Chicago Press, 1949. It. Il concetto di mente. Roma, Editori Laterza, 2007.
- Scolari, Fabio. 2019. Psicologia quantistica. Valutazione critica della sua possibile applicazione in ambito lavorativo. 2019.