In quasi tutte le discipline sportive si è sempre guardato ai record, ovvero al superamento di quelle barriere che indicano che mai nessuno prima di allora aveva raggiunto un simile risultato. Se da una parte tali barriere sono dei limiti, dall’altra ben sappiamo che gli esseri umani, per la loro indole, vogliono continuare a migliorarsi e raggiungere nuovi traguardi. Ma esiste un limite a quello che si può fare?
A metà dello scorso secolo, uno dei limiti sportivi che sembrava invalicabile sia per gli atleti che per gli statisti era quello dei quattro minuti sul miglio (1.609,36 metri), l’unica distanza che al tempo aveva resistito alla conversione delle misure inglesi al sistema metrico decimale, usato ormai in quasi tutto il mondo.
La corsa del miglio era considerata un caposaldo delle competizioni di atletica leggera e sembra che esista fin dalla seconda metà del XVII secolo, benché con delle difficoltà sia nella misurazione delle distanze precise sia dei tempi effettivi. Il primo risultato certo e verificabile risale al 1804, dove il professionista Robert Barclay percorse il miglio in 4’50” netti. Nel XIX secolo vi fu fra professionisti e dilettanti una continua ricerca nel miglioramento del record: il 21 giugno 1884 l’inglese Walter George portò il limite dei dilettanti a 4’18”2/5, mentre il connazionale William Lang arrivò a 4’17”1/4.
Abbandonata la categoria dei dilettanti, il 23 agosto 1886 Walter George sfidò il professionista William Cummings in una corsa che fu definita “del secolo” sulla pista londinese di Little Bridge, vincendo con il tempo di 4’12”3/4. Il tempo realizzato da George rimase il migliore in assoluto al mondo per ben 29 anni, ovvero fino al 16 luglio 1915, data in cui l’americano Norman Taber percorse a Cambridge la distanza in 4’12”6.
Il primo atleta a scendere sotto i 4’10” fu il francese Jules Ladoumègue, che il 4 ottobre 1931 a Parigi fece segnare il tempo di 4’09”1/5.
A metà degli anni ’50 il primato del mondo del miglio era ormai da quasi un decennio in mano dello svedese Gunder Hagg, che il 17 luglio 1945 lo aveva percorso in 4’01”4.
Il muro dei quattro minuti sembrava per tutti fisicamente insormontabile e, addirittura, schiere di esperti avevano spiegato, con dovizia di particolari scientifici, perché un essere umano non sarebbe mai stato in grado di superare tale limite. L’impresa non era quindi difficile, ma per tutti era semplicemente impossibile.
Era il 6 maggio 1954 quando il venticinquenne Roger Gilbert Bannister, studente di medicina all’Exeter College, decise di scendere sulla pista della Oxford University, a Iffley Road, per affrontare il muro dei 4 minuti. Un tentativo di record mondiale quasi dichiarato, che vedeva la partecipazione di sei atleti, anche se gli occhi di tutti andavano in particolare su tre: Christopher William Brasher, Christopher John Chataway e lui, Roger Bannister.
Una volta cominciata la gara, Brasher prese subito il comando e condusse la corsa fino alle 880 yard, seguito da Chataway, che diede invece l’andatura fino al termine del terzo giro, e da Bannister. Fu a quel punto che Roger Bannister cominciò ad allungare incredibilmente il passo, transitando ai 1500 metri in 3’43”0, eguagliando ufficiosamente il record mondiale ottenuto dallo svedese Lennart Strand il 15 luglio 1947 e dal tedesco dell’ovest Werner Lueg il 29 giugno 1952. Bannister, con un disperato sprint che negli ultimi cento metri lo fece quasi sbandare, portò a termine la sua corsa tagliato il traguardo quasi svenendo per la fatica e perdendo addirittura per un attimo la vista, ma con un tempo di 3’59”4, infrangendo finalmente quel muro dei quattro minuti che persisteva dal 1945: era il nuovo record mondiale, ed aveva ridefinito la realtà!
Qui sotto potete vedere il filmato di quella memorabile gara:
Roger Bannister era nato nel borgo londinese di Harrow il 23 marzo 1929. L’atletica era per lui una passione, e gli allenamenti erano uno svago fra gli studi ed il tirocinio. Quando aveva 19 anni, fu preselezionato per le Olimpiadi di Londra del 1948, ma rinunciò asserendo di non sentirsi ad un livello adeguato. Si mise però in luce nell’atletica ai campionati europei di Bruxelles del 1950, dove si era classificò terzo negli 800 correndo in 1’50”7 e poi alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952, dove arrivò quarto nella finale dei 1.500 in 3’46”0.
Quello realizzato da Bannister si perderebbe fra le miriadi di record del mondo dello sport, non fosse per il fatto che è stato uno degli ultimi ad essere realizzato da un atleta davvero dilettante.
All’età di 25 anni, pur avendo all’orizzonte la partecipazione alle Olimpiadi di Melbourne, Bannister scelse definitivamente la carriera medica, diventando negli anni un importante neurologo, famoso sia a livello ospedaliero sia come ricercatore. Non smise mai però di seguire e amare l’atletica e l’ultima immagine che abbiamo di lui legata a questo sport è mentre porta, con la sua classe impeccabile, la torcia olimpica di Londra 2012.
L’EFFETTO BANNISTER
Se l’impresa di Roger Bannister fu eccezionale sotto l’aspetto sportivo, lo fu ancora di più sul piano psicologico e comunicativo, tant’è che la sua storia è tutt’oggi una delle più citate dai formatori e dai motivatori di tutto il mondo come metafora volta a dimostrare quanto qualcosa che viene ritenuto impossibile dalla maggior parte delle persone, a volte è invece assolutamente possibile, ed è sufficiente che anche una sola persona riesca a superare un limite, per rendere tale limite superabile da molte altre persone.
Analizzando più nello specifico i costrutti psicologici che sono entrati in gioco in questa storia, sul piano della persuasione si evidenzia subito il principio di autorità, che sostanzialmente asserisce come il giudizio di una persona che viene ritenuta autoritaria non abbia motivo di essere criticato. Dopo il record del 1945 di 4’01”4 realizzato dello svedese Gunder Hagg, la comunità scientifica mondiale era concorde sul fatto che per il cuore, i muscoli, i tendini e la struttura fisica degli esseri umani era fisicamente impossibile percorrere la distanza di un miglio in meno di quattro minuti.
I dati a sostegno di tale tesi erano riportati in maniera così autorevole che la maggior parte degli atleti professionisti rinunciavano direttamente.
La spinta che motivò Bannister nel voler riuscire ad abbattere il muro dei quattro minuto nacque dalla sua delusione per il risultato alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, dove nella finale dei 1500 metri arrivò quarto e fuori dal podio, mentre il suo obbiettivo dichiarato era la vittoria. Nei giorni successivi valutò anche di smettere con l’atletica e di dedicarsi solo allo studio della medicina. Sorse però in lui un nuovo ed importante obiettivo: dimostrare che gli scienziati di tutto il mondo sbagliavano nel ritenere impossibile per gli esseri umani percorrere il miglio in meno di quattro minuti.
Bannister però era un atleta che aveva un’idea tutta sua di impossibilità, trasmessagli con tutta probabilità dal suo mentore Franz Stampfl, un allenatore di origini austriache che nel corso della Seconda Guerra Mondiale era riuscito a sopravvivere nuotando per otto ore nel gelido Mare del Nord dopo che la nave su cui viaggiava era stata affondata da un siluro tedesco.
Stampfl lavorò con un metodo che integrava corpo e mente: prese la distanza del miglio e la divise in quattro parti e poi fece correre a Bannister ciascuna di quelle parti in un tempo che, sommato, sarebbe stato inferiore ai quattro minuti, per poi accorciare progressivamente gli intervalli fra una ripetizione e l’altra, fino ad azzerarli. Questa pratica oggi si chiama Interval training e viene usata in tutto il mondo come un normale strumento di allenamento. Prima di allora però non esisteva.
Bannister usò inoltre la logica: Il suo record allora era di 4’1″; realizzò che per battere il record doveva semplicemente correre due secondi più veloce di quanto sapesse già fare. Vedendola in quest’ottica l’impresa gli sembrò fin da subito più fattibile. Il primo passo che lo portò alla vittoria fu quello di far collare la barriera nella sua mente.
Il famoso psicologo Albert Bandura, a metà degli anni ’80 del secolo scorso propose la teoria dell’autoefficacia, spiegando come la percezione di autoefficacia permetta alle persone di raggiungere gli obbiettivi a cui mirano nella vita. La percezione di autoefficacia trova fondamento, in primo luogo, nel sistema di credenze che ognuno ha rispetto a sé stesso, su quanto le persone pensino di essere in grado di affrontare le situazioni che incontreranno; in secondo luogo, si costruisce sulla base delle tante esperienze di successo e di fallimento che le persone vivono nel corso del tempo.
Bannister raccontò in seguito, che dopo le Olimpiadi finlandesi iniziò ad allenarsi concentrandosi su obbiettivo che visualizzò quotidianamente sotto forma di immagini mentali. Riviveva continuamente nella sua mente la sua gara ideale: il colpo di pistola alla partenza, gli avversari alle sue spalle, la leggera brezza a favore, il taglio del nastro al traguardo. In seguito, la neuropsicologia chiamò questo approccio “mental imagery”: una tecnica che impiega la capacità potenziale del cervello di rappresentare volontariamente informazioni al fine di risolvere i problemi e infondere fiducia nei propri mezzi fisici e che fonda le sue radici nel pensiero di uno dei padri della psicologia, William James, il quale all’inizio del ventesimo secolo intuì una delle più importanti caratteristiche del funzionamento pensiero e della motivazione umana, riassunta nel concetto “le immagini mentali generano i comportamenti”.
Jerry Wind e Colin Crook, due professori della Wharton School of Pennsylvania, nel loro libro “Il futuro che non c’era. Costruire la realtà nel laboratorio della mente” (“The Power of Impossible Thinking”, in originale), spiegano come modelli mentali sbagliati possano frapporsi tra le persone e la realtà, influenzandone le percezioni, vincolandole alla routine e alle convenzioni. Durante un’intervista, nel 2014, Bannister disse: “Tutti erano convinti che fisicamente un uomo non ce la potesse fare, ma io ero uno studente di neurologia e sapevo che per andare al di là dei propri limiti l’organo più importante è il cervello”. Un pensiero simile è sostenuto anche dal noto divulgatore Gregg Braden che afferma: “Tendiamo a sperimentare nella vita ciò con cui ci identifichiamo attraverso le nostre credenze”.
A questo punto sarebbe lecito pensare che il risultato che poi ottenne fosse unico e principalmente merito di sue straordinarie doti fisiche e del metodo da lui usato per prepararsi. Successe però un fatto straordinario: solo 46 giorni dopo la vittoria di Bannister, il corridore australiano John Landy migliorò il primato con un tempo di 3:58”0! La cosa ancora più incredibile avvenne l’anno dopo, nel 1955, quando ben 31 atleti scesero sotto i 4 minuti e nei tre anni a seguire in trecento corsero il miglio con diversi secondi di margine! Ma com’era possibile? C’erano voluti anni prima che Bannister riuscisse ad infrangesse il record e poi in meno di otto settimane il record fu nuovamente battuto…
Il 6 maggio 1954 Roger Bannister non venne consacrato soltanto nell’Olimpo dell’atletica, ma diventò un modello anche nel mondo della psicologia, tanto da dare il proprio nome a una teoria: l’effetto Bannister.
Era entrato in gioco un altro costrutto, ovvero il principio di riprova sociale, perfettamente descritto dallo psicologo americano Robert Cialdini nel suo famosissimo libro Le armi della persuasione (“The Psychology of Persuasion”, in originale): il principio spiega semplicemente come, prima di fare qualcosa, le persone osservano quello che fanno le altre. A ben guardare questo è il fenomeno psicologico e sociale che sta anche alla base delle mode, in quanto tendiamo statisticamente (e perlopiù inconsapevolmente) ad aderire ad una proposta se questa è condivisa da un gran numero di persone. Tornando quindi al risultato ottenuto da Landy e dagli altri atleti, sapere che qualcuno aveva dimostrato che l’obbiettivo non era impossibile e che le autorità scientifiche avevano sbagliato, aveva dato loro la determinazione ad eguagliarlo e a fare di meglio.
Wind e Crook, nel loro libro, ricordano l’importanza della sfida alle convenzioni. Negli anni ’50 dello scorso secolo gli scienziati avevano teorizzato le circostanze precise in cui il record del miglio avrebbe potuto essere infranto: durante la corsa avrebbe dovuto esserci un tempo atmosferico favorevole, una temperatura di 20° e nemmeno un alito di vento, il terreno della pista avrebbe dovuto essere di argilla dura e secca, infine avrebbe dovuto essere presente una grande folla per incitare il corridore a superare i propri limiti. Roger Bannister fece la storia dello sport in un freddo e ventoso pomeriggio di inizio maggio, su una pista bagnata, di fronte a sole tremila persone, dimostrando però a sé stesso e al mondo intero che nulla era impossibile e che l’unico vero ostacolo che lo aveva separato dal record era la stessa sua mente.
Oggi il record sul miglio è detenuto dall’atleta marocchino Hicham El Guerrouj, che il 7 luglio 1999, nello Stadio Olimpico di Roma, concluse la gara in 3’43”13, mentre il muro dei quattro minuti viene ormai superato già dai migliori atleti delle scuole superiori in tutto il mondo.
FONTI:
- Pallica, Gustavo. 2022. Roger Bannister e il Miglio del secolo – https://www.sportmemory.it/roger-bannister-miglio-del-secolo/
- Wind, Jerry e Crook, Colin. The Power of Impossible Thinking
- Cialdini, Robert B. 1984, 1993. The Psychology of Persuasion. New York : Quill William Morron and Company, Inc, 1984, 1993. Trad. it. Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì. Firenze : Giunti editore S.p.A., 1995, 2013.
- Olivari, Stefano. 2018. L’importanza di Roger Bannister – https://www.guerinsportivo.it/news/altri-sport/2018/03/05-1389572/l_importanza_di_roger_bannister
- Germani, Marco. 2010. Il miglio di Roger Bannister – http://meccanismipersuasione.blogspot.com/2010/12/il-miglio-di-roger-bannister.html
- Cavalieri, Lorenzo. Il principio di riprova sociale di Robert Cialdini nel tempo dei social network – https://www.projectland.it/articoli/il-principio-di-riprova-sociale-di-robert-cialdini-nel-tempo-dei-social-network/
- Berruto, Mauro. 2018. Roger Bannister, l’uomo che sfidò l’impossibile e vinse – https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/roger-bannister-l-uomo-che-sfido-l-impossibile-e-vinse
- Berruto, Mauro. 2019. I record sono luoghi inesplorati – https://www.sgbholding.it/index.php/news/186-i-record-sono-luoghi-inesplorati
- Gamba, Enrico. Percezione di Autoefficacia e autostima – https://www.enricogamba.org/psicologo-milano-blog/percezione-di-autoefficacia-e-autostima
- Zorzoli, Matteo. 2020. Come insegnare alla tua mente a fare quello che vuoi – https://privatebanking.bnpparibas.it/content/bnlpb/it/it/youmanist/magazine/cultura/insegnare-alla-tua-mente-quello-vuoi.html
- Riccamente. Possiamo Compiere Miracoli Cambiando le nostre Credenze? – https://riccamente.blogspot.com/2011/10/possiamo-compiere-miracoli-cambiando-le.html