Il fisico, l’immunologo, il neurobiologo, lo psichiatra, l’internista: queste cinque sono le figure centrali della rivoluzione tutt’ora in corso nell’ambito delle scienze biomediche. Ma in cosa consiste l’oggetto delle loro ricerche? Sono state date varie definizioni, volte a descrivere una progressiva dilatazione dei confini del settore di indagine: neuroendocrinologia, psiconeuroimmunologia, psiconeuroendocrinoimmunologia.
La neuroendocrinologia nacque virtualmente sul finire degli anni ’20 dello scorso secolo, quando una coppia di scienziati tedeschi, i coniugi Ernst e Berta Scharrer, dimostrò come alcuni neuroni dell’ipotalamo[1] producessero sostanze di tipo ormonale. Una ventina d’anni più tardi vennero identificati gli stretti rapporti che l’ipotalamo ha con l’ipofisi[2], concretizzando lo stretto legame tra cervello e quelle che ancora venivano chiamate «ghiandole a secrezione interna».
All’inizio degli anni ’70, grazie soprattutto allo sviluppo delle tecniche di microscopia elettronica e all’applicazione di tessuti, cerebrali e nervosi, e per mezzo di particolari tecniche di visualizzazione (come la fluorescenza[3] e la immunoistochimica[4]), si fu finalmente in grado di analizzare le parti terminali dei neuroni, scoprendo che oltre ad essere rigonfie delle solite vescichette contenenti i neurotrasmettitori, ne esistevano anche di rigonfie e di colore diverso. L’analisi del contenuto di tali vescicole ha occupato tutto il ventennio successivo ed è tutt’ora in corso. Fino ad oggi sono stati identificate circa cinquanta di queste sostanze, denominate, come visto in precedenza peptidi o neuropeptidi. I neuroni in generale, quindi, sia quelli speciali dell’ipotalamo che gli altri, appaiono come cellule capaci di rilasciare neurotrasmettitori e neuropeptidi.
Il fatto più sconvolgente però è molto recente: i peptidi vengono prodotti oltre che dai neuroni, anche dalle cellule endocrine e da quelle immunitarie! Un neuropeptide inoltre, per esempio la colecistochinina[5], identificato in un primo tempo nell’intestino, è stato poi rinvenuto nel cervello.
Il definitivo colpo di grazia alla tradizionale separazione tra i tre sistemi, il nervoso, l’endocrino e l’immunitario, venne inferto nel 1989 da parte dello statunitense James Edwin Blalock, docente di fisiologia dell’Università dell’Alabama, quando dimostrò che i tre sistemi oltre a comunicare fra loro, lo facevano in maniera bidirezionale, ovvero dal cervello alle cellule endocrine e a quelle immunitarie, e viceversa. Fu in quel momento che nacque quella rivoluzionaria branca della scienza che oggi è nota come «psiconeuroendocrinoimmunologia».
La rivoluzione in corso nell’ambito delle scienze biomediche è tutt’altro che frutto di un geniale e isolato ricercatore, ma piuttosto il prodotto di altrettante rivoluzioni all’interno di discipline che sono tradizionalmente separate: la neurofisiologia, l’immunologia, l’endocrinologia. La psiconeuroendocrinoimmunologia (nota anche con l’acronimo PNEI) è il prodotto di tali cambiamenti e imprime a sua volta un’accelerazione nella qualità e nel ritmo del cambiamento in corso nelle singole discipline, reclamando vigorosamente una radicale modificazione del modello medico vigente, ormai vecchio, scadente nella pratica clinica e d’impaccio allo sviluppo della ricerca scientifica. La PNEI infatti ha messo in discussione parecchie idee portanti del vecchio modello, in particolare il fatto che il cervello umano venisse ritenuto simile ad un computer, ovvero come se fosse una stazione di comando centrale che conosce l’esterno leggendolo come un calcolatore legge un nastro magnetico e governasse l’interno tramite gli ordini impartiti dall’alto al basso attraverso la rete nervosa. Il cervello era ritenuto il reparto speciale e inaccessibile dell’organismo, con dei codici e componenti unici ed irrintracciabili negli altri organi. Le difese immunitarie erano considerate meccaniche ed automatiche, dove l’anticorpo[6] blocca l’antigene[7], neutralizzandolo.
Pur rimanendo ovviamente la base delle funzioni intellettive umane, la PNEI e le neuroscienze dimostrano che è errato paragonare il cervello ad un calcolatore nel suo modo di leggere la realtà esterna, in quanto è, al tempo stesso e a tutti gli effetti, una grande ghiandola endocrina[8], recuperando così una geniale intuizione dell’antica medicina occidentale (Ippocrate sosteneva che «il cervello è una ghiandola, come la mammella») e orientale («il cervello è il lago del midollo», medicina orientale cinese). Il sistema immunitario viene così definito come un vero e proprio organo di senso, un “occhio interno”, organizzato in una rete collaborativa per sorvegliare sia l’esterno che l’interno.
In questa nuova concezione le ghiandole endocrine costituiscono un sistema strutturato a più vie che, in collaborazione assieme al sistema nervoso e a quello immunitario, mette in atto le reazioni vitali di adattamento dell’organismo ai cambiamenti che provengono dall’esterno. Le reazioni vitali nell’organismo umano includono funzioni cognitive a cui partecipano organi e molecole di origine diversa da quella nervosa: per esempio è ormai accertata la partecipazione di alcuni ormoni alla costruzione della memoria. La comunicazione all’interno dell’organismo quindi smette di essere di tipo gerarchico, ma diventa bidirezionale e diffuso. Dopotutto, senza queste nuove idee, sarebbe impossibile spiegare e inquadrare risultati della ricerca altrimenti confusi e contraddittori.
Precedentemente si è accennato al fatto che la capacità di produrre neuropeptidi è sia del sistema nervoso che di quello endocrino sia di quello immunitario e che la stessa sostanza viene usata in organi molto diversi, come per esempio l’intestino e il cervello: tale crescente labilità delle barriere fra i grandi sistemi di regolazione generale dell’organismo ed il carattere sempre più blando dei loro confini hanno portato alcuni ricercatori a proporre l’uso di una nuova terminologia per indicare un numero crescente di cellule diverse da quelle nervose, pur presentando alcune caratteristiche simili al neurone. Il gruppo di scienziati giapponesi che ha condotto tali studi ha raggruppato sotto il nome di paraneurone un gruppo di cellule molto eterogeneo (si va dalle cellule intestinali ad altre che si trovano nei bronchi, ad altre ancora che si trovano nell’uretra), unite però dal fatto che il loro comportamento è del tutto simile a quello del neurone, senza esserlo.
Sul piano terminologico inoltre i ricercatori stanno demolendo la tradizionale idea del monopolio sulle funzioni nervose da parte del cervello: gli immunologi che studiano la cellula immunitaria, per descriverne le caratteristiche di struttura neuroendocrina[9], usano la metafora del linfocita come cervello immuno-mobile.
Gli studiosi della fisiologia dell’intestino, per descrivere il ruolo di coordinamento delle attività digestive da parte del sistema nervoso, parlano di cervello enterico, e su questo aspetto vale la pena fare un approfondimento, in quanto sicuramente illuminante nei confronti del cambiamento di ottica in corso, come risultato dell’avanzamento della ricerca. Da tempo infatti gli anatomisti avevano descritto un’estesa rete nervosa all’interno delle pareti dello stomaco e dell’intestino, la quale è in relazione con le fibre nervose provenienti dai due rami del sistema nervoso autonomo, il simpatico e il parasimpatico, senza però che ne fossero ben chiare caratteristiche e funzioni. Ricerche recenti hanno permesso di accertare il fatto che la rete nervosa delle pareti interne del tratto gastro-intestinale presenta una notevole quantità di neuroni e svolge un ruolo in gran parte totalmente indipendente dal cervello centrale, a cui è certamente collegata dal sistema nervoso autonomo, ma da cui è indipendente per il suo funzionamento: si è osservato infatti che se si interrompono le connessioni tra il sistema nervoso autonomo e la rete enterica, quest’ultima continua comunque a svolgere i propri compiti.
La rete nervosa, battezzata sistema nervoso enterico, cervello enterico, o anche secondo cervello, è in stretto collegamento con il sistema endocrino, il quale è molto diffuso all’interno dell’apparato digerente ad opera di cellule endocrine sparse nella mucosa gastrointestinale; lo è però anche con il sistema immunitario, che in questa parte del corpo assume anch’egli l’aspetto di un’ampia rete linfatica, dove circolano i linfociti. A questo punto sembra che lo “sgradevole” intestino possa essere più intellettuale del cuore e potrebbe avere una capacità “emozionale” superiore: è infatti riscontrato che è l’unico organo a contenere un sistema nervoso intrinseco in grado di mediare i riflessi anche in completa assenza di ordini in entrata dal cervello o dal midollo spinale.
Di fatto, man mano che gli animali diventarono organismi sempre più complessi, altrettanto accadde al sistema nervoso enterico. Il cervello dell’intestino si è evoluto al passo con quello della testa: nell’intestino tenue vi sono infatti più di cento milioni di neuroni, un numero grosso modo uguale al numero di neuroni presenti nel midollo spinale e ci sono più neuroni nel sistema intestinale che in tutto il resto del sistema nervoso periferico! Il sistema nervoso enterico risulta essere anche un grande deposito di sostanze chimiche, all’interno del quale è rappresentata ciascuna delle classi di neurotrasmettitori che si trova nel cervello: i neurotrasmettitori sono le “parole” che i neuroni usano per comunicare l’uno con l’altro e con le cellule sotto il loro controllo. La molteplicità di neurotrasmettitori che si trova all’interno dell’intestino suggerisce che la “lingua” parlata dalle cellule del sistema nervoso enterico sia ricca e simile a quella del cervello nella sua complessità. I neurologi continuano a stupirsi nello scoprire che la struttura e le cellule componenti il sistema nervoso enterico sono più simili a quelle del cervello di quelle di qualsiasi altro organo periferico.
La rete nervosa e quella linfatica scorrono l’una sovrapposta all’altra in una zona ben definita del tessuto dell’intestino tenue chiamato tonaca sottomucosa[10]. La pancia viene quindi a conformarsi quale potente complesso neuroendocrinoimmunitario integrato che svolge funzioni con un largo margine di autonomia, ma che, al contempo, si confronta continuamente innanzitutto con l’esterno (il cibo), ma anche con l’interno (il cervello, le sue emozioni, i suoi disturbi, le sue malattie).
NOTE:
[1] L’ipotalamo è una struttura del sistema nervoso centrale situata nella zona centrale interna ai due emisferi cerebrali. Costituisce la parte ventrale del diencefalo e comprende numerosi nuclei che attivano, controllano e integrano i meccanismi autonomici periferici, l’attività endocrina e molte funzioni somatiche quali la termoregolazione, il sonno, il bilancio idro-salino e l’assunzione del cibo. L’ipotalamo controlla molte attività connesse all’omeostasi e controlla anche l’ipofisi. (Wikipedia)
[2] L’ipofisi (dal greco antico ὑπόφυσις hypóphysis, “gonfiore”, “escrescenza”) o ghiandola pituitaria è una ghiandola endocrina situata alla base del cranio, nella fossa ipofisaria della sella turcica dell’osso sfenoide. Si può dividere in due lobi, strutturalmente e funzionalmente diversi, che controllano, attraverso la secrezione di numerosi ormoni, l’attività endocrina e metabolica di tutto l’organismo.
[3] La fluorescenza è la proprietà di alcune sostanze di riemettere (nella maggior parte dei casi a lunghezza d’onda maggiore e quindi a energia minore) le radiazioni elettromagnetiche ricevute, in particolare di assorbire radiazioni nell’ultravioletto ed emetterla nel visibile. (Wikipedia)
[4] L’immunoistochimica è una tecnica che riveste un ruolo molto importante nella routine del laboratorio di anatomia patologica: è in grado infatti di individuare specifiche molecole o strutture del compartimento intra ed extra cellulare. La tecnica immunoistochimica si basa sul principio di coniugazione antigene-anticorpo in addizione poi con sistemi di rivelazione (enzimatici, fluorescenti) che ne rendono visibile l’avvenuta reazione al microscopio. Esistono metodiche dirette o indirette. (Wikipedia)
[5] In sigla CCK. Così chiamata perché tra le sue capacità ha quella di indurre la contrazione della colecisti.
[6] Gli anticorpi sono una classe di glicoproteine del siero presenti nei vertebrati, il cui ruolo nella risposta immunitaria specifica è di enorme importanza e la loro produzione costituisce una delle funzioni principali del sistema immunitario umorale (umorale perché il sangue è definito dai vecchi anatomisti un “umore”). (Wikipedia)
[7] Un antigene è una proteina in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario come estranea o potenzialmente pericolosa. Si definisce invece immunogena una sostanza in grado di stimolare il sistema immunitario a tentare di produrre anticorpi contro di essa. La sostanza può essere di provenienza ambientale o formarsi all’interno del corpo. Il sistema immunitario uccide o neutralizza qualsiasi antigene che riconosca come estraneo e potenzialmente dannoso. (Wikipedia)
[8] Una ghiandola endocrina (da endo = dentro e crino = verso) è una ghiandola di origine epiteliale che secerne ormoni. L’insieme di ghiandole e cellule endocrine costituiscono il sistema endocrino. Queste ghiandole sono prive del dotto escretore, e quindi versano gli ormoni direttamente nel sangue e, attraverso questo, raggiungono tutti gli organi e i tessuti, a differenza delle altre ghiandole che, mediante appositi condotti, secernono i loro liquidi nelle cavità del corpo (ad esempio, le ghiandole salivari nella bocca, il pancreas nell’intestino…). (Wikipedia)
[9] Cioè capace di ricevere e inviare segnali dal (al) sistema nervoso e d endocrino.
[10] La tonaca sottomucosa è formata prevalentemente da tessuto connettivo lasso che permette una separazione fra la mucosa e il resto della parete dell’organo, donando alla mucosa stessa una mobilità indipendente. Lo strato può contenere ghiandole ed è sede di vasi e nervi di grande importanza per l’irrorazione e l’innervazione della mucosa. (Wikipedia)
BIBLIOGRAFIA:
- Bottaccioli, Francesco. 2014. Epigenetica e Psiconeuroendocrinoimmunoligia. Le due facce della Rivoluzione in corso nelle scienze della vita. Milano : EDRA LSWR S.p.A., 2014.
- Gershon, Michael D. 1998. The Second Brain: a Groundbreaking New Understanding of Nervous Disorders fo Stonack and Intestine. New York (US) : HarperPerennial, 1998. Trad. It. Il secondo cervello. Novara : UTET S.p.A., 2006.
- Scolari, Fabio. 2019. Psicologia quantistica. Valutazione critica della sua possibile applicazione in ambito lavorativo. 2019.