Verso la fine del XIX secolo gli scienziati, cresciuti con le teorie di Isaac Newton[1], erano arrivati al punto di credere di aver compreso e sviscerato così a fondo le leggi della natura da aver ben poco di ulteriore da scoprire: il mondo noto aveva alla sua base gli atomi, che ci si riferisse all’acqua in un bicchiere o al nucleo di una stella. L’intero universo era governato dalle rigide leggi del moto e della gravitazione universale, perfettamente interpretabili in chiave matematica.
Fu con l’inizio del nuovo secolo che l’impenetrabile castello della fisica newtoniana cominciò a mostrare delle brecce, e con l’avvento della teoria dei quanti si capì che la conoscenza della realtà aveva ancora immensi percorsi e paesaggi inesplorati da mostrare all’umanità.
È proprio nel 1900 che il fisico tedesco Max Planck ipotizzò, tramite deduzioni teoriche, uno scambio di energia sotto forma di “pacchetti” discreti nell’interazione elettromagnetica. Forse, in un primo momento, comprese a malapena che accettare tale ipotesi, con un «atto di disperazione», come venne definito dallo stesso Planck, avrebbe rivoluzionato la scienza: si stavano gettando le basi per una nuova fisica, fatta di quanti, di indeterminazione, con meno punti di riferimento ai quali appigliarsi e per la quale era necessaria una nuova e profonda interpretazione: la fisica quantistica.
Oggi, quello che era il mondo ordinato e continuo di Newton e dei suoi contemporanei, è scomparso sostituito da una concezione in cui lo spazio diventa discontinuo perché soffre di distorsioni. Di conseguenza, anche la certezza assoluta rispetto alle misure ha cessato di esistere.
Nel 1801 il fisico britannico Thomas Young eseguì un esperimento che avrebbe rivoluzionato per sempre il mondo della fisica (e la concezione generale del Mondo) noto come esperimento della doppia fenditura. L’esperimento fu ripetuto più volte nel tempo con strumenti sempre più precisi e accurati (nella sua versione moderna nel 1967 alla Universität Tübingen, in Germania e nel 1974 a Bologna, ancora nel 2003 e nel 2012 al Vienna Center for Quantum Science and Technology, in Austria). Di seguito si spiegherà per mezzo di un esempio il funzionamento dell’esperimento.
Si pensi di prendere delle biglie e di spararle verso uno schermo, frapponendo fra l’agente (colui che esegue l’azione) e lo schermo una barriera con una fenditura (apertura) verticale al centro: la maggior parte delle biglie impatteranno contro la barriera rimanendo dal lato dell’agente. Si noterà però anche che alcune biglie invece saranno riuscite a passare attraverso la fenditura ed a raggiungere lo schermo dalla parte opposta, andandoci a sbattere contro; sbattendo contro questo schermo le biglie creeranno su di esso un’impronta, una traccia del loro impatto.
Come si comporta la materia attraversando una fenditura
Essendo la fenditura verticale, nello schermo dall’altra parte si potrà osservare come tutte le biglie che sono passate lo abbiano colpito con la stessa forma della fenditura posta nella barriera in mezzo.
L’esperimento è stato in seguito ripetuto aggiungendo una seconda fenditura nella barriera: ovviamente sullo schermo si noteranno due linee, esattamente in corrispondenza delle due fenditure (gli unici due punti in cui possono passare le biglie).
Come si comporta la materia con due fenditure
Si immagini ora di ripetere il medesimo esperimento in una vasca piena d’acqua, e dove l’agente provochi delle onde.
Come si comportano le onde con una fenditura
In questo caso le onde battendo sulla barriera e passando dove c’è la fenditura, in forma radiale, sbatteranno sullo schermo con maggiore intensità direttamente all’altezza della fenditura, mentre sempre con meno intensità ai bordi dello schermo, lasciando quindi su di esso una traccia più scura al centro, in prossimità della fenditura, degradando poi ai lati.
Ripetendo quindi la procedura fatta in precedenza con le biglie, si aggiunge anche in questo caso una seconda fenditura, e si ripete l’esperimento con le onde. Sparando delle onde verso lo schermo accade qualcosa di molto diverso rispetto a quanto visto con le biglie.
Come si comportano le onde con due fenditure
In questo caso succede che nei punti in cui la cresta di un’onda trova la parte più bassa dell’altra onda, le onde si annullano, mentre nei punti in cui le due creste dell’onda si incontrano l’intensità aumenta. Lo schermo evidenzierà quindi più linee di diversa intensità: maggiore in corrispondenza dei punti in cui le creste delle onde si sono incrociate, minore (o nulla) nei punti in cui si sono annullate.
Riepilogando:
- Quando si lancia della materia attraverso una barriera provvista di due fenditure sullo schermo si ottengono due bande ben definite.Quando invece si fanno passare delle onde attraverso una barriera che ha due fenditure, sullo schermo si ottengono delle linee di interferenza, delle bande “sfumate”, con una maggiore intensità al centro delle bande stesse (nei punti in cui le onde si sommano).
A questo punto gli scienziati, si sono chiesti come si sarebbero comportati dei minuscoli pezzi di materia qualora venissero sparati attraverso le fenditure. Per capirlo hanno scelto di sparare elettroni (si immaginino come fossero delle piccolissime biglie, riprendendo l’esempio precedente). Per primo è stato sparato un fascio di elettroni attraverso una sola fenditura.
Come si comportano piccoli pezzi di materia attraverso una fenditura
Come si vede dalla figura precedente, il risultato è una sola banda verticale, proprio come nel caso delle biglie. Si tratta di materia e, anche se molto piccola, ci si attendeva tale risultato.
I fisici decisero quindi di sparare lo stesso fascio di elettroni (materia) attraverso una barriera con due fenditure. Visto che si trattava di materia, l’esito atteso era ovviamente di ottenere sullo schermo due bande verticali (come per le biglie). A volte la realtà però è più complessa e affascinante di quanto si possa immaginare, infatti ecco cosa accadde:
Come si comportano piccoli pezzi di materia attraverso due fenditure
Il risultato fu quello tipico delle onde, anziché della materia!
La situazione che si presentava era la seguente:
- Se si sparavano dei piccoli pezzi di materia (elettroni) attraverso una barriera con una sola fenditura si otteneva un modello ad una banda;
- Se si sparano gli stessi piccoli pezzi di materia (elettroni) attraverso una barriera con due fenditure, allora si otteneva un modello a interferenza, come nel caso delle onde.
Per la fisica nota fino a quel momento (quella newtoniana), la cosa aveva ben poco senso e fisici erano incapaci di dare una spiegazione a tale strano fenomeno.
Dopo questa prima “sorpresa” i fisici cercarono di trovare una risposta a quel fenomeno. Pensarono dunque che forse gli elettroni, scontrandosi tra di loro, rimbalzassero gli uni contro gli altri, creando un effetto simile alle onde. Per verificarlo decisero di sparare, anziché un fascio di elettroni, un solo elettrone per volta: i così facendo sarebbero stati sicuri di evitare gli scontri, senza creare alcuna interferenza tra gli elettroni. La conseguenza ovvia che si aspettavano sparando gli elettroni uno alla volta attraverso la barriera con le due fenditure, sarebbe stata ovvia: visto che l’elettrone è materia, con una probabilità del 50%, sarebbe passato casualmente attraverso l’una o l’altra fenditura, tornando a generare due linee nette sullo schermo di riscontro, proprio come sarebbe accaduto sparando molte volte una sola biglia verso una barriera con due fenditure. I fisici iniziarono dunque a sparare uno per uno gli elettroni come se stessero sparando singolarmente piccole biglie, ottenendo il seguente risultato:
Come si comportano singoli piccoli pezzi di materia attraverso due fenditure
Incredibilmente ottennero ancora onde di interferenza! Sconcertati di fronte a tale risultato i nostri fisici cercarono un modello teorico che potesse corrispondere alla realtà che stavano osservando e dopo vari studi e approfondimenti sulla spinosa questione, sembrarono finalmente avere in mano qualcosa di valido, qualcosa che, per quanto sembrasse bizzarro, mostrava le seguenti evidenze:
- L’elettrone isolato esce come una particella di materia;
- Prima di colpire la barriera per qualche motivo l’elettrone si converte in onde di potenzialità;
- L’elettrone attraversa quindi entrambe le fenditure contemporaneamente!
- L’elettrone infine interferisce con sé stesso riconvertendosi da onda a particella.
Se già così sembrava strano, matematicamente la cosa era ancora più incredibile, infatti se quell’ipotesi fosse stata vera, avrebbe significato che l’elettrone attraversava contemporaneamente le due fenditure, anzi: avrebbe significato che ne attraversava solo una… ma contemporaneamente attraversava anche solo l’altra! Si entrava nel campo dell’impossibile.
I fisici però cercarono per l’ennesima volta di trovare una soluzione, e decisero di installare un dispositivo di misurazione vicino alle due fenditure, il quale avrebbe permesso loro di capire attraverso quale fenditura sarebbe passato ogni singolo elettrone.
Iniziarono quindi a sparare i singoli elettroni, questa volta osservandoli con il dispositivo. Il mondo quantico però, come avrebbero scoperto a breve, era ben più misterioso di quanto potessero inizialmente immaginare, infatti quando iniziarono l’osservazione… “magicamente” l’elettrone smise di comportarsi come un’onda… e ricominciò invece a comportarsi come materia!
I fisici riprovarono l’esperimento più e più volte, ma il risultato era sempre lo stesso: ogni volta che osservavano, l’elettrone si comportava in un modo, mentre ogni volta che evitavano di osservarlo si comportava in un altro modo. Tale evidenza sembrava suggerire qualcosa di straordinario, ovvero che il semplice atto di osservare aveva provocato un cambiamento nel comportamento dell’elettrone.
Questo fu uno dei primi eventi che fece entrare i fisici nel misterioso e affascinante mondo degli avvenimenti quantici.
NOTE:
[1] Isaac Newton fu un matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo, storico e alchimista inglese; citato anche come Isacco Newton, è considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi e fu Presidente della Royal Society. Noto soprattutto per il suo contributo alla meccanica classica, Isaac Newton contribuì in maniera fondamentale a più di una branca del sapere. Pubblicò i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica nel 1687, opera nella quale descrisse la legge di gravitazione universale e, attraverso le sue leggi del moto, stabilì i fondamenti per la meccanica classica. Newton inoltre condivise con Gottfried Wilhelm Leibniz la paternità dello sviluppo del calcolo differenziale o infinitesimale. Newton fu inoltre il primo a dimostrare che le medesime leggi della natura governano il movimento della Terra e degli altri corpi celesti. Egli contribuì alla rivoluzione scientifica e al progresso della teoria eliocentrica. A Newton si deve anche la sistematizzazione matematica delle leggi di Keplero sul movimento dei pianeti. Oltre a dedurle matematicamente dalla soluzione del problema della dinamica applicata alla forza di gravità ovvero dalle omonime equazioni di Newton, egli generalizzò questela leggi intuendo che le orbite (come quelle delle comete) potevano essere, oltre che ellittiche, ma anche iperboliche e paraboliche. (Wikipedia)
BIBLIOGRAFIA:
- Bonomi, Letizia. Alchimia di due grandi menti. Influenze reciproche tra W. Pauli e C.G. Jung, e analogie tra meccanica quantistica e psicoanalisi. Letizia Bonomi. [Online] http://letiziabonomi.altervista.org/PAULI_JUNG_Letizia_Bonomi.pdf
- Lavalle, Mauro. 2019. Fisica quantistica, fisica della vita. Viaggio alla scoperta della struttura della materia, della Biologia e della Psicologia Quantistica. Romagnano al Monte (SA) : BookSprint Edizioni, 2019.
- Pentimalli, Italo e Marshall, J.L. 2014. Il potere del cervello quantico. l. : Uno editori, 2014.
- Quirantes, Arturo. 2015. Espacio-tiempo cuántico. En busca de una teoría del todo. Barcelona : RBA Contenido Editoriales y Audiovisuales, S.A.U., 2015. Trad. it. Lo spazio-tempo quantistico. Alla ricerca di una teoria del tutto. Milano : RBA Italia S.r.l., 2015.
- Scolari, Fabio. 2019. Psicologia quantistica. Valutazione critica della sua possibile applicazione in ambito lavorativo. 2019.