Carl Gustav Jung parlò di sincronicità nel senso più ampio di coordinamento acausale, di manifestazione di un certo schema o di un principio sottostante diverso da quello di causa-effetto. Sotto tale tipologia di fenomeni incluse anche le intuizioni improvvise e gli atti creativi. Secondo Jung il principio di sincronicità suggeriva che ci fosse una interconnessione o un’unità tra gli eventi in relazione acausale e pertanto presuppose l’aspetto unitario dell’essere, denominato unico Mondo (unus mundus). L’unico Mondo è un concetto primitivo all’interno del quale materia e psiche coincidono. Jung afferma: «Credo semplicemente che una parte del Sé umano o Anima non sia soggetta alle leggi dello spazio e del tempo».
Rifacendosi alle tesi degli alchimisti, Jung ritiene che la manipolazione della materia coincida con la modificazione della psiche e viceversa, all’interno di una relazione biunivoca e bidirezionale, un Universo nel quale psiche e materia rappresentano due diverse manifestazioni dello stesso unico Mondo. Jung considera la psiche come una qualità della materia e la materia un aspetto concreto della psiche.
«Gli alchimisti più seri compresero che lo scopo della loro opera non era la trasmutazione di metalli vili in oro, bensì la produzione di un aurum non vulgi[1] o aurum philosophicum[2]. In altri termini, ciò che li interessava erano i valori spirituali ed il problema della trasformazione psichica».
Secondo Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung materia e psiche dovevano essere quindi intesi come aspetti complementari della stessa realtà governata da principi e simboli comuni denominati archetipi. Una frase di Pauli riassume elegantemente questo concetto: «Il punto di vista definitivo deve far intravedere, tramite l’inconscio dell’uomo moderno, una linea di sviluppo verso una futura descrizione della natura che comprenda unitariamente physis e psiche. Per raggiungere una tale descrizione unitaria della natura, sembra necessario in primo luogo risalire al retroterra archetipico dei concetti scientifici».
L’idea che emerse dalle riflessioni di Pauli e Jung è quella di una natura intesa come “totalità”, nella quale esiste un ordinamento generale, che collega tra loro la realtà fisica e quella psichica: il fisico e lo psichico sembravano essere intimamente legati in un tutt’uno a due facce, come se fossero i due aspetti complementari di una sola realtà. Un rapporto del tutto simile a quello che caratterizza la natura degli oggetti nella meccanica quantistica, che possono presentare di volta in volta caratteristiche corpuscolari oppure ondulatorie, entrambe possibili ma mai coesistenti.
Un altro punto fondamentale all’interno della riflessione di Pauli riguarda la teoria della conoscenza. Egli si pose l’antico problema filosofico riguardante la natura del “ponte” che permette di passare dai dati empirici provenienti dall’esperienza ai concetti e alle idee e quindi alla formulazione di teorie scientifiche. Si trattava di un problema lungamente dibattuto nel corso della storia della filosofia e delle scienze e la risposta di Pauli fu fortemente influenzata dalla psicoanalisi junghiana. Secondo lo scienziato, il passaggio dall’esperienza alla formulazione delle teorie doveva schivare la pura logica; risultava invece più consono postulare l’esistenza di un ordine cosmico, oggettivo e universale, al quale risultino soggetti sia l’animo umano che l’insieme dei fenomeni naturali. Il processo di comprensione della natura risultava allora essere una ricerca di corrispondenze, di sovrapposizioni fra immagini interne preesistenti nella psiche umana e gli oggetti del mondo esterno. A guidare questa ricerca sono delle “idee innate”, che sono presenti negli strati profondi, inconsci, della psiche e che fungono da produttori e ordinatori di rappresentazioni. Si tratta degli archetipi citati in precedenza, un concetto introdotto da Jung che indicava contenuti inconsci innati e comuni a tutti gli uomini. Sarebbero quindi tali idee, dal forte contenuto simbolico ed emozionale, a dirigere l’attenzione dello scienziato e ad influenzarne il modo di selezionare i dati dell’esperienza, costituendo così il “ponte” cercato tra le percezioni e le idee.
Scrive Pauli: «In qualità di fattori ordinanti e produttori di immagini, in questo mondo di immagini simboliche, gli archetipi esercitano la funzione di quel ponte che abbiamo tanto cercato fra le percezioni sensoriali e le idee, e sono dunque un necessario presupposto anche per sviluppare una teoria scientifica della natura».
Il dialogo tra Pauli è Jung fu un tentativo molto originale di riflettere sulla natura e sul nostro modo di conoscerla e di avvicinare due discipline profondamente diverse per metodi e oggetto di studio, ma che inaspettatamente hanno mostrato analogie e punti di contatto. La speranza era quella di fornire un’immagine del mondo la più completa possibile, che comprendesse i fenomeni fisici e quelli psichici. Si trattava di problematiche estremamente complesse che, dopo la morte di Pauli e di Jung, sono state carenti di un confronto interdisciplinare e solo in parte sono state approfondite da alcuni allievi di Jung, per esempio da Marie Louise von Franz, che sviluppò le riflessioni junghiane sui rapporti tra psiche e materia. Sul versante della fisica, gli sviluppi successivi sui fondamenti della teoria dei quanti sembrano confermare l’idea di una natura intesa come totalità, formata cioè da sottoinsiemi inseparabili (“non-località” della teoria). Sono mancate, tuttavia, la ricchezza e il fascino di un dialogo che, superando le rigide distinzioni tra le discipline, aveva tentato di creare nuovi strumenti per esplorare il mondo, fornendo stimoli e suggestioni uniche nella storia della scienza moderna.
Onde avere un quadro più chiaro della situazione che ha condotto all’identificazione dei punti di contatto tra teoria quantistica e sincronicità, risulta utile riportare alcuni passi di Jung:
«Ho scelto il termine “sincronicità” perché la contemporaneità di due eventi connessi quanto al significato, ma in maniera acausale, mi è sembrato un criterio essenziale. Io impiego dunque in questo contesto il concetto generale di sincronicità nell’accezione speciale di coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un rapporto causale, che hanno uno stesso o un analogo contenuto significativo. Il principio filosofico che sta alla base della nostra concezione della regolarità delle leggi di natura è la causalità. Se il rapporto di causa ed effetto dimostra di aver solo validità statistica e soltanto una verità relativa ciò significa che il legame tra eventi è in certe circostanze di natura diversa da quella causale ed esige un diverso principio interpretativo. A differenza della causalità, la sincronicità si dimostra un fenomeno connesso principalmente con processi che si svolgono nell’inconscio. Alla psiche inconscia spazio e tempo sembrano relativi, ossia la conoscenza si trova in un continuum spazio-temporale in cui lo spazio non è più spazio e il tempo non è più tempo. Se quindi l’inconscio sviluppa e mantiene un certo potenziale di coscienza, nasce la possibilità di percepire e “conoscere” eventi paralleli. Il fenomeno della sincronicità è quindi la risultante di due fattori:
- un’immagine inconscia si presenta direttamente o indirettamente alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento;
- un dato di fatto obiettivo coincide con questo contenuto.»
Così come per la sincronicità, anche nel caso dei riscontri tra teoria quantistica e inconscio collettivo, onde avere chiara la situazione di riferimento che ha condotto all’identificazione di tali riscontri, si riporta un brano di Jung:
«La mia tesi, dunque, è la seguente: oltre alla nostra coscienza immediata, che è di natura del tutto personale e che riteniamo essere l’unica psiche solo empirica (anche se vi aggiungiamo l’inconscio personale come appendice), esiste un secondo sistema psichico di natura collettiva, universale e impersonale, che è identico in tutti gli individui. Questo inconscio collettivo non si sviluppa individualmente, ma è ereditato. Esso consiste di forme preesistenti, gli archetipi, che possono diventare consci solo in un secondo momento e danno una forma determinata a certi contenuti psichici.»
Nella seguente tabella si mettono più chiaramente a confronto i concetti junghiani di sincronicità, inconscio collettivo e la teoria quantistica:
Jung | Teoria quantistica |
Sincronicità Coincidenza temporale di due o più eventi slegati da un rapporto causale, che hanno un medesimo, o un analogo, contenuto significativo |
La non-località quantistica con la coincidenza temporale (istantanea) di due eventi lontani slegati da un nesso causale classico e aventi uno stesso contenuto significativo rappresenta, in chiave fisica, l’analogo della sincronicità. Per le particelle correlate, l’equivalente dello «stesso contenuto significativo» junghiano è rappresentato dalle relazioni che legano gli stati sovrapposti quantistici. |
Inconscio collettivo Sistema psichico di natura collettiva |
L’unità della materia, l’olismo che scaturisce dalla non-località quantistica, esprime bene a livello fisico il «sistema psichico di natura collettiva» che Jung identifica con l’inconscio collettivo. |
Archetipi Forme preesistenti …che possono diventare consce |
Una particella, nella visione probabilistica della meccanica quantistica “sceglie” spontaneamente, tra una serie finita di possibilità, la durata della propria vita o il momento di disintegrarsi nella radioattività. Allo stesso modo, nell’inconscio collettivo junghiano, un particolare archetipo si manifesta spontaneamente (scegliendo tra un numero finito di possibilità) divenendo conscio. Secondo Jung, il probabilismo è il modo di operare degli archetipi, è una indicazione dell’azione degli archetipi a livello del mondo fisico. Scrive infatti: «Conseguentemente gli archetipi operanti nel mondo fisico provvederebbero a guidare la rappresentazione delle regolarità dei fenomeni fisici come espressione di leggi probabilistiche […] Così l’emergere della probabilità, come un fatto necessario per la descrizione dei processi fisici fondamentali, può essere compresa come un’indicazione dell’esistenza dell’azione degli archetipi nel mondo fisico». |
La Psicologia Quantistica (o quantica) è la nuova psicologia che nasce dalle conclusioni alle quali è pervenuta la fisica quantistica contemporanea, anche se rispetto a questa, disegna una struttura dell’essere umano ed uno scenario della realtà molto più definiti: alcuni assunti fondamentali di quantistica sono infatti posti come dati di partenza per una reinterpretazione della struttura interna dell’uomo, per il senso nuovo e diverso da dare all’esistenza umana e per interpretare il senso della più vasta realtà universale.
Probabilismo, anziché localismo (John Stewart Bell), comunicazione a distanza (connessionismo), sovrapposizione dì stati indeterminati (Erwin Schrödinger), indeterminazione (Werner Heisenberg), la complementarietà (Niels Bohr), la simmetria (Paul Dirac), l’“intenzionalità” delle microparticelle, hanno dimostrato che un quanto, più che una “cosa”, è uno stato intermedio, un insieme di relazioni e se lo si vuole rappresentare si ricade nella fisica classica: il comportamento quantistico è invece atipico e paradossale. Anziché essere un insieme di unità indipendenti, la realtà si conforma in un tutto collegato, ed è possibile che tra i processi quantistici e quelli del pensiero vi siano particolari legami. In tale chiave e partendo dal concetto di sovrapposizione degli stati a livello microparticellare.
A livello microcellulare la materia assume un comportamento paragonabile a quello del pensiero e sembra possibile che il cervello umano, che è esso stesso una macchina, abbia evoluto una struttura unica capace di attingere alla possibilità di scelta del livello subatomico, per poi concentrarla ed amplificarne l’intensità a livelli superiori. Ci è precluso sapere quale evento abbia causato il salto sulla superficie dell’oceano quantistico prima appena increspato dall’eterna vibrazione, proprio perché tale alito vitale deve far parte potenzialmente del campo originario.
Ogni teoria in qualunque disciplina rappresenta il pensiero con il quale il suo autore concepisce la realtà. In psicoterapia, teorie e modelli psicoterapeutici sono allora delle descrizioni parziali e per questo nessun indirizzo terapeutico può venire applicato ad ogni persona e in ogni caso. È escluso anche il parlare di equivalenza fra metodi, esistendo differenze di opportunità secondo la tipologia del paziente e la sua situazione di vita. Per questo oggi occorre assumere un punto di vista metodologico aperto, all’interno di una visione olistica della psicologia, sapendo utilizzare più modelli differenti. Rispetto ad un terapeuta che si affida ad una sola scuola di pensiero con relativa tecnica da adattare ogni volta, l’operatore di indirizzo multisistemico integrato assume un vantaggio ed una competenza superiori. Per contro, mancando il riferimento a qualsiasi teoria psicoterapeutica, l’approccio psichiatrico permette (soltanto) un intervento di tipo medico poco appropriato, con poca (o nulla) opportunità di strategie differenziate.
Le scoperte della fisica quantistica obbligano la psicologia ad un cambiamento sostanziale, in quanto la loro incontrovertibile incidenza cambia la definizione tradizionale della costituzione dell’essere umano e della realtà nella quale esso abita. La psicologia può divenire essa stessa, ed inevitabilmente, una scienza su base quantica.
Grazie alla particolare impostazione di fondo del loro impianto teorico, diversi indirizzi di pensiero psicologico possono inquadrare meglio la nuova realtà ed il nuovo uomo che scaturiscono ridefiniti dalla ricerca fisica esposta in precedenza; fra questi troviamo quello esistenzialistico, quello cognitivista, il nuovo comportamentismo e l’indirizzo psicosomatico. Se si accetta la dimostrazione quantistica che la realtà è fatta da un insieme di interconnessioni inscindibili ed interdipendenti legate al tutto anziché dalla somma di parti, anche alla psicologia nel suo operare sarà impedito di procedere per indirizzi separati, secondo scuole di pensiero ipostatizzato, spesso fossilizzate ed obsolete. Se all’esterno la psicologia deve intrattenere rapporti più stretti e magari fecondi con la fisica quantistica contemporanea, con le neuroscienze e con la filosofia d’indirizzo metafisico per costruire in tal modo un solido quadrilatero, entro sé stessa essa dovrà invece operare una ridefinizione qualitativa basata sul rinnovamento soprattutto dei punti cardine teorici ai quali ha da sempre fatto riferimento: questo perché tali punti sono oggi radicalmente mutati e con essi sono antropologicamente mutati i soggetti. Assumere come propri certi teoremi della nuova fisica giustifica la psicologia qualora la si definisca “di matrice quantica”, al contempo la obbliga a tradurre certi insegnamenti fisici nel proprio campo di studio.
Facendo riferimento a quanto osservato, l’esperimento della doppia fenditura dimostra che fintanto che si evita di osservare qualcosa, questo qualcosa resta solo un potenziale, un campo di infinite possibilità (onde di possibilità). Al momento dell’osservazione però quelle onde di possibilità cambiano forma e si cristallizzano in qualcosa di fisico (materia/evento). È l’atto di osservare che fa cambiare il loro comportamento. Il momento in cui un’onda di probabilità si trasforma in materia ha un nome preciso: viene chiamato dai fisici “collasso della funzione d’onda”. È come se la realtà cominciasse ad esistere solo nel momento in cui la si osserva: tutto prende forma e diventa materia. In pratica ciò che resta inosservato esiste come probabilità, fino al momento in cui viene effettivamente osservato.
L’enorme implicazione che ha portato questo tipo di scoperta è che l’osservatore influenza la realtà fisica. Si pensi al concetto dell’attenzione selettiva[3]: il cervello tende a notare molto di più le cose su cui è concentrato. Tutto è esistente ed inesistente allo stesso tempo fino al momento in cui viene osservato, come con il gatto di Schrödinger. Ciò che viene osservato in un determinato momento esisteva anche precedentemente, ma essendo che l’attenzione era rivolta altrove, il cervello lo aveva escluso dall’attenzione conscia. Il motivo sembra risiedere nel fatto che l’atto dell’osservatore (condito da un pensiero-intenzione) ha provocato un cambiamento “effettivo” nella realtà, in pratica quello che i fisici chiamano collasso d’onda. Collegando questi concetti a quelli del placebo/nocebo, si può comprendere come anche la fisiologia e i modelli comportamentali si conformino alle “verità” della voce centrale, che si tratti di convinzioni costruttive o distruttive.
Il britannico Roger Penrose, matematico, fisico e cosmologo, ha mostrato come si possano far convergere in una nuova ed originale sintesi quelli che sono i contributi apparentemente eterogenei di scienze diverse, come la matematica, la neurobiologia, la fisica dei quanti ed alcune parti della filosofia. Tale sintesi potrebbe portare ad una teoria nuova e più adeguata a definire i processi fondamentali nell’uomo e nella materia dell’Universo. Il problema cosmologico porta conseguenze in ogni branca del sapere e Penrose, concentrandosi sul concetto di Universo come un tutto, rileva che l’entropia[4] aumenta nel tempo e per questo ipotizza che l’Universo deve aver avuto inizio in una condizione nella quale l’ordine dominava e l’entropia era minimale. La probabilità che tale stato si sia prodotto per caso è molto molto bassa. Per fare un esempio, spostando questa riflessione sull’uomo ed utilizzando la psicologia corrente, ci si dovrebbe chiedere perché il concetto di ordine nello sviluppo evolutivo mentale compare invece dopo il disordine iniziale che caratterizza pensiero e comportamento nel bambino. Con l’esempio precedente ci troviamo a confrontare un aspetto del funzionamento universale con un aspetto del diverso funzionamento di un suo sistema particolare: il sistema uomo. La differenza si spiega col fatto che l’entropia del sistema Universo è necessaria alla sua sussistenza ed alla sua evoluzione energetico-materiale nello spazio-tempo, mentre il concetto di ordine nell’essere umano è uno dei punti di arrivo, anziché di partenza, nel funzionamento mentale, che deve scoprire e conquistare una conoscenza diretta della relazione con l’ambiente fisico circostante, attraverso un’interazione operazionale e un vissuto esperienziale congruente.
Il fatto che nessun sistema computazionale possa scoprire teoremi matematici nel modo con il quale lo sa fare l’uomo significa per i fisici che i processi dì pensiero matematici, e più in generale del pensiero cosciente, hanno una matrice diversa da quella di tipo computazionale così come la percezione e l’intuizione creativa: il principio di non-località quantistica dovrebbe venire introdotto ed utilizzato subito in psicologia. Il fatto cioè che nella coppia di particelle ognuna conservi memoria del processo della loro stessa creazione, e che restino poi interdipendenti nella comunicazione a distanza attraverso l’intreccio quantistico è di straordinario interesse per la spiegazione di quei processi mentali apparentemente senza causa e di quei fatti che potevano accadere e invece hanno fatto altrimenti, pur esistendo nella condizione degli stati di sovrapposizione quantistica. La non-località e la coerenza quantica consentono la convinzione che ampie zone cerebrali possano agire coerentemente, mentre essendo la coscienza incomputazionale, allora la funzione d’onda potrebbe essere adatta alla spiegazione di osservabili anche macroscopici.
NOTE:
[1] Oro non-comune
[2] Oro filosofico
[3] L’attenzione selettiva è una capacità del nostro cervello di individuare singoli elementi ambientali o materiali all’interno di una realtà macroscopica “alzando” il livello di attenzione su di loro, e “abbassandolo” sul resto. Alcuni esempi possono essere il ricercare una specifica parola all’interno di un testo, cercare di ascoltare quanto espresso da una singola persona all’interno di un ambiente in cui sono in molti a parlare contemporaneamente, oppure quando si pensi di acquistare un’auto nuova e improvvisamente si inizi a vederla dappertutto, proprio quel modello e proprio quel colore.
[4] L’entropia è una grandezza che viene interpretata come una misura del disordine presente in un sistema fisico qualsiasi, incluso, come caso limite, l’Universo. (Wikipedia)
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